Cambio di strategia

Incredibilmente il ricorso presentato da Puigdemont, Comín e Ponsatí, contro il veto alla loro candidatura alle elezioni europee fatto dalla Junta Electoral, ha messo in crisi la magistratura spagnola. Già la stessa giunta aveva emesso sentenza non in modo unanime, come succede abitualmente. Il ricorso è stato presentato al Tribunal Supremo, e non appena presentato, la stessa Fiscalia si è espressa favorevolmente alla candidatura. Il tribunale quindi ha discusso il ricorso con massima urgenza, la domenica all’ora di pranzo, risolvendo, primo che la competenza non è sua, ma del tribunale amministrativo provinciale di Madrid, e aggiungendo che la sentenza deve rispettare i diritti politici degli imputati, visto che non esiste ancora una sentenza che gli possa togliere i diritti politici. A stretto giro, stamattina, il tribunale amministrativo raccoglie le direttive del supremo e ammette la candidatura dei tre esiliati (o profughi a seconda del punto di vista politico).

L’assemblea della CUP (anticapitalisti e indipendentisti) approva un documento che stabilisce una nuova strategia politica. Propone che si celebri un nuovo referendum di autodeterminazione (e questa è una novità, perchè fino ad ora la CUP parlava di materializzare il mandato del referendum del primo ottobre), però a differenza delle altre due formazioni indipendentiste (ERC e Pdcat), punta a farlo unilateralmente, senza un dialogo con uno stato in cui la CUP non crede.
Parla di “insurrezione democratica”, di mobilizzazioni di massa, di disobbedienza civile e di disobbedire alle leggi statali, il tutto ponendo l’accento sulle questioni democratiche e su di una volontà legislativa di carattere sociale e non identitaria. Critica il governo Torra e gli altri partiti indipendentisti per non aver disobbedito efficacemente e per aver fatto numerosi passi indietro. Critica anche i prigionieri politici, per aver prima promesso l’indipendenza in 18 mesi, e poi contraddirsi nelle aule dei tribunali, sostenendo che si trattava di una strategia per negoziare con lo stato…
Anche la ANC (Assemblea Nacional Catalana), durante un congresso straordinario, approva una nuovo documento in cui, anche qui, si stimola all’unilateralità. In questo caso però, ci si distingue con il metodo. La ANC propone che alle prossime elezioni catalane (che si prevede si faranno a seguito della sentenza del Tribunal Supremo), se la somma dei partiti indipendentisti ottennesse il 50%, si dovrebbe fare automaticamente una DUI (dichiarazione unilaterale di indipendenza), o meglio togliere la sospensione che puse Puigdemont alla DUI del ’17, stamparla sui bollettini ufficiali, togliere la bandiera spagnola dal palazzo della Generalitat, pubblicare nei bollettini ufficiali la Llei de transitorietat jurídica rendendola effettiva e permettendo così la liberazione dei prigionieri politici e il ritorno degli esiliati. Critica, come fa da tempo, l’azione del governo Torra, ma mantiene come necessaria, l’unità di tutti i partiti indipendentisti e il gioco parallelo tra istituzioni e popolazione civile.
C’è da ammettere che molte analisi del voto del 28 aprile, vedono vincente il discorso dialogante contro quello belligerante. In Spagna vince fortemente il partito socialista che sempre si è dichiarato disponibile al dialogo (anche se da molti è visto come una semplice facciata, visto che poi di referendum non vuole parlare), mentre si ridimensiona la destra che ha basato tutte le ultime campagne elettorali nell’unità territoriale a qualunque costo. In Catalunya stravince Esquerra Repubblicana, il partito di Rogent Torrent, quel Torrent che non permise la votazione per eleggere Puigdemont a distanza il 30 gennaio del ’18, per non eccedere in disobbedienza… E il partito che chiede il dialogo e che non vuole più uno scontro frontale con lo stato… Sostanzialmente, è il partito che cerca l’accordo con i socialisti e si vuole smarcare dalle strategie unilaterali di Puigdemont/CUP.
Insomma, da questo ragionamento potremmo supporre che le strategie di ANC e CUP, nascano più da una frustrazione che da una possibilità concreta di realizzazione. Ma è meglio non affrettarsi in conclusioni, visto che storicamente il voto catalano per lo stato spagnolo è molto differente (molti neanche vanno a votare) da quello interno catalano, senza contare l’effetto che potrebbe avere una sentenza di condanna al processo all’indipendentismo.

La ministra di giustizia, Dolores Delgado, ieri ha lasciato una conferenza a Mauthausen, a favore dei repubblicani spagnoli morti nei campi di concentramento nazisti. Lo ha fatto quando la direttrice generale di memoria storica del governo catalano, Gemma Domènech, ha ricordato che la targa commemorativa l’aveva posta due anni fa l’ex consigliere di affari esteri, Raul Romeva, e che sono 440 giorni che è in prigione preventiva. La stessa citazione, fa si che la ministra si alzi e si allontani dalla conferenza.

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