Macelleria sociale

Finalmente il governo decide per il blocco totale delle attività produttive non necessarie. La decisione è arrivata sabato e ancora oggi non è del tutto chiaro quali sono le imprese che debbano chiudere e quelle che possono restare aperte. Solo stamattina sono state pubblicate le specifiche e molti lavoratori hanno dovuto chiedere per telefono se dovevano o meno andare a lavorare.
La decisione arriva con una decina di giorni di ritardo, rispetto alle insistenti richieste fatte dai sindacati e dalla Generalitat catalana. Ed il provvedimento arriva con una piccola trappola per i lavoratori: il lavoro viene bloccato, gli stipendi resteranno gli stessi, ma le ore perse nei prossimi undici giorni, saranno recuperate entro il 31 dicembre.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro, sono sospesi i licenziamenti e la cassa integrazione viene accettata solo in forma temporanea. Un po in ritardo, visto che si contano in decine di migliaia i licenziati nelle scorse settimane.
Il governo, invece, continua a negarsi alla chiusura preventiva dei principali focolai del virus, come Madrid, Igualada, Barcellona e Victoria. La richiesta che arriva sia dalla Generalitat catalana, come da molti ambienti sanitari, viene negata in nome dell’unità della patria e giustificato con la terminologia bellica: in una guerra, la patria deve rimanere unita…
L’altra polemica rispetto alla nuova centralizzazione dello stato spagnolo, avviene per i rifornimenti sanitari. Le comunità autonome non possono più fare aquisti come avevano sempre fatto, quindi ci pensa il ministero e poi ridistribuisce. Peccato che è stato il governo cinese ad avvertire che la partita di 600.000 tamponi appena arrivata a Madrid e pronta alla distrubuzione, fosse stata ordinata ad una ditta senza licenza e non portano un risultato sicuro… La reazione è di rabbia e impotenza da parte di molte comunità autonome (anche di alcune non indipendentiste), ma sopratutto dai molti ospedali che sono ad un passo dal collasso e dalla mancaza di posti letto.
Ma la bomba ad orologeria tarderà appena due giorni a scoppiare. Il primo aprile.
Se è vero che il governo ha fatto una moratoria per i mutui, non si tratta di una sospensione totale, ma parziale e relativa a tutta una serie di condizioni di cui non tutti potranno beneficiarsi, la cosa non avviene per gli affitti, le bollette, i prestiti e le quote mensili che gli autonomi (partite iva) devono versare.
Sono migliaia gli autonomi che si sono auto licenziati per non dover pagare la quota, ma quelli ancora in peggiori condizioni sono quelli con piccoli negozi, a cui oltre la quota si aggiunge anche l’affitto del locale.
Per quanto riguarda le bollette, il governo ha previsto che fino alla fine dello stato d’emergenza non si potranno effettuare tagli alle utenze, quindi chi si trova nelle condizioni di non poter pagare, ha ancora un piccolo margine fino al 12 aprile per non vedersi tagliate la luce o il gas.
Mentre per quanto riguarda gli affitti, si stanno affilando i coltelli.
Nonostante sia vero che il governo abbia bloccato gli sfratti (il 12 aprile è comunque dietro l’angolo), sono gli affitti che terrorizzano migliaia di famiglie e piccole imprese.
I grandi appena tre giorni fa si sono organizzati. Guidati da un ex sindaco socialista di Barcellona, le banche, le immobiliari, e i grandi proprietari, hanno fondato un’associazione per proteggere “i piccoli proprietari” da eventuali sospensioni e eventuali scioperi. Il gruppo di pressione ha funzionato, visto che il governo non ha sospeso i pagamenti. Ma non è stato il solo ad organizzarsi.
Partendo da un piccolo sindacato di inquilini nelle Canarie, la proposta di uno sciopero degli affitti si sta diffondendo per tutta la penisola. E visto che la stessa iniziativa era stata conteporaneamente proposta anche nella costa occidentale degli Stati Uniti, l’idea dello sciopero si sta diffondendo in tutto il mondo occidentale, dagli USA all’Italia, dal Messico alla Svizzera, molti sindacati o comitati di base stanno cercando di organizzare il primo sciopero mondiale degli affitti.
Mentre in tutta la penisola aumentano vertiginosamente sia i contagiati che i morti, in molte famiglie non si pensa più al come arrivare a fine mese, già arrivare al fine settimana sta diventando un’obbiettivo eroico.
L’Europa ancora non sa come mettersi d’accordo. La Spagna, con il “governo più a sinistra della storia”, gioca al patriottismo e ha paura di disturbare troppo i poteri forti.
Il capitalismo trema, ma si sostiene ancora fortemente, mentre la macelleria sociale è apparecchiata.

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