Dopo tre anni d’esilio in Belgio, Meritxell Serret, si è presentata ieri mattina difronte al giudice istruttore del Tribunal Suprem Pablo Llarena, a Madrid.
L’ex consigliera di agricultura del governo Puigdemont, e attualmente rieletta deputata nelle file di ERC (sinistra independentista) ha preso la decisione di rientrare, insieme al suo avvocato e senza comunicarlo nè ai compagni dell’esilio, nè ai compagni di partito e neanche alla propia famiglia.
La decisione di rientrare in patria, nonostante il rischio di essere arrestata, è stata presa dopo l’ultimo ordine di cattura europeo per Puigdemont, dove il giudice istruttore si adegua alla sentenza del proceso, e cambia il reato da ribellione a sedizione, e dall’altro lato, per essere stata rieletta nel parlamento catalano. Quindi, secondo il ragionameto dell’avvocato basco dell’ex consigliera, Iñigo Iruin, a lei non verrebbe più contestato il reato di malversazione, che a molti era stato tolto al momento della condanna perchè non dimostrato, e quindi per il solo reato di disobbedienza era da sperare che fosse lasciata il libertà provvisoria. Come in effetti è stato, anche se riconvocata per l’8 d’aprile, per essere interrogata.
Uscita dal tribunale, in mezzo agli applausi di alcuni rappresentanti dei partiti indipendentisti catalani e baschi, finalmente la Serret ha potuto avvisare la famiglia e si è subito diretta al suo paese natale: Vallfogona de Balaguer, dove è stata accolta da centinaia di suoi paesani, che l’hanno applaudita, abbracciata, con tutta l’emotività possibile in un caso del genere.
Il rischio è stato assunto per poter tornare all’attività política, e quindi presentarsi, questa mattina, all’apertura della nuova legislatura del parlamento catalano.
L’inaugurazione della legislatura ha comportato anche l’elezione del presidente del parlamento e dei membri del tavolo di presidenza.
La nuova legislatura ha visto prodursi un accordo ancora inedito in una struttura politica spagnola, ossia la decisione di tutti i partiti indipendentisti, più i partiti di sinistra e centrosinistra (Comuns e PSC) per fare un cordone sanitario all’estrema destra di Vox, per la prima volta presente nell’emiciclo barcellonese. Di esperienze simili nel territorio spagnolo ci sono state solo in senzo opposto: o nei confronti di partiti di sinistra e indipendentisti. Visto che lo stato spagnolo, provene direttamente e senza alcuna aburia, dal franchismo, non vede l’estrema destra come antidemocrática, anzi, è considerata “costituzionalista” proprio per il suo impegno contro l’indipendentismo.
Ma tra gli accordi, è rimasta in parte fuori la CUP (anticapitalisti e indipendentisti), che puntava alla presidenza del parlamento a cambio del sostegno esterno ad un governo independentista.
La presidenza della camera va quindi a Laura Borras di Junts (la formazione di Puigdemont), la vicepresidenza va una ad Anna Caula (ERC) e l’altra a Eva Granados (PSC). I quattro segretari saranno invece rispettivamente uno per i socialisti (PSC), uno per Junts, uno per la CUP e uno per ERC.
Quindi una netta maggioranza independentista e contemporáneamente una netta maggioranza di sinistra. Sicuramente la nuova novità della legislatura del parlamento più antico del mondo (precedente a quello anglosassone), è di avere una presidenza tutta femminile con i segretari tutti maschi.
Ora bisognerà vedere come si costituirà il governo, visto che difficilmente potranno contare sui voti della CUP. Oggi la CUP si è astenuta al momento di votare Borras come presidente, solo ha concesso un voto per rappresentare Lluis Puig che dell’esilio non aveva ottenuto il voto delegato.
Si è lamentata del discorso inaugurale di Laura Borras, l’estrema destra di Vox, definendolo illegale, anticostituzionale e estremista. Si sono accodati anche le destre del PP e Ciutadanos, nonostante la loro ormai irrilevanza nel parlamento catalano.