Dodicesima notte di protesta

Anche se durante la settimana si erano visti meno incidenti, rispetto a quella precedente, mai si sono fermati i cortei e le manifestazioni di protesta iniziati con l’arresto del rapper Pablo Hasél.
Venerdì durante una manifestazione della piccola cittadina di Terrassa, ci sono stati scontri con numerosi feriti e fermati. Sabato mattina, nelle vicinanze di Girona, un gruppo di un centinaio di manifestanti hanno bloccato per due ore, il traffico della AP7 (l’autostrada che porta verso il confine con la Francia). Mentre verso l’ora di pranzo si forma un sit-in davanti al commissariato di Terrassa richiedendo la liberazione dei fermati della notte precedente.
Ma è alle 19 che sono convocate le manifestazioni nelle principali città catalane: Barcellona, Girona, Vic, Lleida, Sabadell e Tarragona.
Quella di Barcellona partiva con tre differenti colonne, una che partiva da Sants (zona sud), una da Lesseps (Gracia) e l’altra da Marina (zona nord). Le tre colonne si incontreranno a Plaça Universitat dove la Guardia Urbana conterà circa 5000 partecipanti.
Slogan per la libertà di Hasél, contro la Ley Mordaza che ostacola la libertà d’espressione, ma anche richieste di amnistia, slogan contro gli sfratti, casa e lavoro per tutti, “creare potere popolare” e tanti richiami all’antifascismo.
A quel punto, curiosamente, il corteo si dirige verso il mercato di Sant Antoni e il quartiere del Raval che non è certo meta tipica delle manifestazioni.
Dopo un po la testa della corteo richiude lo striscione che recitava: Fino a che cedino! Niente da perdere, tutto da guadagnare.
La chiusura dello striscione determina una separazione in gruppi che si spargono per il centro e danno inizio agli scontri in differenti punti della città.
Saranno assaltati i bancomat e le vetrine di molte banche.
Sarà distrutta una grande vetrata di un hotel di lusso sulla Rambla de Catalunya, e ci sarà il tentativo di saccheggio di un negozio di Zara, impedito dall’intervento dei Mossos d’Esquadra.
Ma sarà l’assalto al commissarito della Guardia Urbana sulle Ramblas a creare più scalpore, con l’incendio di un furgone della polizia, messo a modo di barricata a difesa del commissariato, e con all’interno un vigile che è dovuto scappare frettolosamente.
Molti giornali e televisioni accosteranno il fatto all’assalto al commissariato dei Mossos a Vic la settimana scorsa, come un clichè che si ripete…
La nottata barcellonina si chiude con 14 fermati e vari feriti. Anche nei cortei di Lleida, Tarragona e Sabadell si sono registrati lievi incidenti, ma senza nè feriti nè arrestati.
La discussione nei giornali, nei salotti televisivi, come nei social media non è assolutamnte univoca. In molti riconoscono la violenza strutturale della società come detonante della violenza nelle strade. La violenza degli sfratti, che continuano anche con la pandemia. Quella delle migliaia di posti di lavoro persi. L’aumento vertiginoso delle case che non sono più in grado di riscaldarsi, che stona profondamente con l’annuncio delle compagnie elettriche di un alto incremento dei profitti quest’anno.
Ma sopratutto si riconosce la rabbia di una generazione praticamente senza nè un presente da vivere, nè un futuro da potersi costruire.
La condanna delle violenze senza se e senza ma, di una parte importante ma non totale delle istituzioni politiche e mediatiche, si mischia con molti altri punti di vista, e lascia l’impressione che sia perfettamente comprensibile e condivisibile la rabbia diffusa delle nuove generazioni.
L’unica affermazione univoca è quella che non è finita qui, che il movimiento andrà avanti, e che se anche dovesse esaurirsi la sua spinta propulsiva, alla più piccola prossima occasione, si tornerà a vedere la stessa rabbia, la stessa violenza…

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