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Ieri Plaça Catalunya è tornata a riempirsi di bandiere indipendentiste.
La convocazione era dell’ANC (Assemblea Nacional Catalana) ed era per far pressione sui partiti indipendentisti, perchè facciano velocemente un governo e portino avanti la causa.
Elisenda Paluzie, attuale presidente dell’ANC, rivendica la maggioranza ricevuta sia in voti che in seggi alle ultime elezioni catalane. Quindi ora si aspetta che i politici facciano la loro parte. Sostiene che serve un governo che recuperi l’iniziativa e ci conduca verso l’indipendenza, per poter rompere la spirale di repressione provocata dallo stato spagnolo.
Avvisa che “lo stato non ci permetterà un referendum, e neanche un legge di amnistía, quindi bisogna iniziare a prepararsi per un nuovo esercizio di autodeterminazione che comporterà una confrontazione non violenta partendo dalla disobedienza civile e istituzionale”.
Sostiene inoltre che si può preservare l’ordine pubblico, senza però vulnerare i diritti, e che questo si ottiene ricostruendo la fiducia reciproca tra rappresentanti e rappresentati, come successe nel ’17.
Direi che cerca di dare un colpo al cerchio e un altro alle molte botti che circolano…
Dal 2010 fino alla sentenza ai politici e attivisti indipendentisti dell’autunno del ’19, il pacifismo, la non violenza è stata una caratteristica del movimiento independentista catalano. Riuscivano a vantarsi del fatto che non rimanesse neanche una cartaccia dopo il passaggio di manifestazioni con milioni di partecipanti.
Ma la sentenza ruppe il sogno.
Se un decennio di manifestazioni pacifiche e la disobedienza istituzionale portano ai leader in carcere; se le immagini delle cariche al referendum non hanno fatto ricredere l’opinione pubblica europea; se neanche una sentenza senza nè capo e nè coda ha permesso che l’Unione Europea aprisse gli occhi, come si può ancora pensare che queste siano armi efficaci contro uno stato potente e deciso a tutto?
Senza contare la disillusione della gente. Non è casuale che lo striscione di una manifestazione di pochi giorni fa recitava: “ci avete insegnato che essere pacifici non serve a nulla”.
Il mese di scontri successivi alla sentenza nell’autunno scorso erano gestiti principalmente dai CDR (comitati di difesa della repubblica) che sono le organizzazioni territoriali di base dell’indipendentismo. E sono gli stessi CDR che hanno fatto molte delle convocazioni di questi giorni dopo l’arresto di Pablo Hasél. Mentre quella di sabato scorso è stata convocata dalla stessa CUP (anticapitalisti indipendentisti), ossia uno di quei partiti a cui la Paluzie si rivolge.
Intanto qualcosa nei palazzi si muove. Questa mattina Dolors Sabater, ex sindaco di Badalona e attuale deputata della CUP, anuncia che Esquerra Republicana (ERC) ha accettato di mettere da parte la Brimo (brigada mobil) dagli sfratti immobiliari. Insomma, è stata accettata l’idea di rivedere il modelo di ordine pubblico catalano. Quindi si avvicina la possibilità di un governo independentista a tutto tondo.
Anche se c’è chi non demorde, e quindi i Comuns (gli alleati di Podemos in Catalunya) chiedono a ERC di fare insieme un governo di sinistra, con l’appoggio esterno dei socialisti, i quali dovrebbero fare “un’opera di bene” per il paese, visto che hanno più voti di ERC e non si capisce perchè si dovrebbero mettere da parte.
Nel frattempo i Mossos d’Esquadra stanno facendo perquisizioni in case occupate di Mataró e Canet de Mar, a caccia degli anarchici che hanno partecipato agli scontri degli ultimi giorni. Sembra che ci siano vari italiani nel mirino, alcuni arrestati proprio durante le manifestazioni.
Dopo il furgone della Guardia Urbana incendiato alla manifestazione di sabato, sono aumentate le voci istituzionali che chiedono il ripristino dell’ordine. Tra le molte, anche quella della sindaca Ada Colau.
Ma se per puro caso, nei palazzi della política si fossero dimenticati il significato della repressione, ci pensa la Fiscalia (procura) a ricordarlo, da una parte facendo un ricorso per sospendere la semilibertà a Carme Forcadell e Dolors Bassa, nonostante sia un loro diritto acquisito. Non contenta, fa anche una denucia contro Roger Torrent (l’ultimo presidente del parlamento catalano) e due membri del tavolo di presidenza, per aver permesso nell’aula parlamentare una discussione sopra il diritto di autodeterminazione e che porterà anche ad un documento in cui si rifiuta la casa reale e la monarchia spagnola. L’accusa è quella di disobbedienza.

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